Le
Olimpiadi del capitalismo autoritario
Di
Carlo Pelando (21-7-2008)
La Cina ha fortissimamente
voluto essere sede delle Olimpiadi 2008, che si apriranno tra poco, per
mostrare e celebrare il suo status di nuova potenza mondiale. Il Partito comunista
cinese che governa il Paese dal 1948 dopo aver vinto la guerra civile contro il
Kuomintang, ritiratosi a Taiwan, ha la priorità di dare un messaggio di
orgoglio nazionale all’interno, per consenso, ma anche al mondo. Per valutarlo
è utile capire cosa sia in realtà la
Cina e quale il progetto del suo gruppo dirigente.
La
rivoluzione economica ha avvio nel 1978 con la riforma agricola voluta da Deng
Xiaoping. L’idea di abbandonare l’economia comunista, ma senza perdere il
controllo del partito sulla società, era nata dall’evidenza sia che il modello
non funzionava sia che non si poteva sconfiggere la potenza americana senza
superarla sul piano della ricchezza. Lo stesso concetto era stato espresso da
Yuri Andropov, capo del sovietico Kgb, nel 1977. Ma Mosca non riuscì a
cambiare, Pechino sì. In due decenni l’economia cinese fu modernizzata
attraverso iniezioni di libertà imprenditoriale, ma non politica. Nel 1995/96
Clinton aprì pienamente alla Cina il mercato statunitense e quello globale e da
allora l’economia del dragone iniziò a crescere a ritmi del 10% all’anno. Nel
1997 il Congresso del partito comunista approvò la seguente dottrina: “il
liberismo economico è la miglior via per realizzare gli obiettivi del
socialismo”. Ma sullo sfondo restò la teorizzazione dell’assenza di democrazia come
modello necessario per accelerare lo sviluppo economico. In tal senso la Cina è definibile come
modello di “capitalismo autoritario”. E funziona sul piano dell’efficienza
economica perché l’assenza di libertà politica ed il dirigismo autoritario
tengono bassi i costi sistemici: niente sindacati e welfare, salari minimi a
zero, garanzie inesistenti. Tale modello economico riesce a stare in piedi
perché la società cinese è basata sulla “famiglia estesa” e ciò comporta che reti
di parenti sostituiscano il welfare in relazione ai bisogni di un individuo. Ma
ora tale modello mostra i suoi limiti di diffusione sociale della ricchezza
creata e la popolazione (un miliardo e 300 milioni) comincia a mostrare
dissensi aperti. Il partito risponde mettendo i dissidenti nei Laobai (campi di
rieducazione, di fatto Lager) in numeri crescenti ed ha raddoppiato le forza di
polizia interna. Controlla la comunicazione, non impedendola del tutto come
nella Corea del Nord, ma gestendola con sapienza. Comunque il regime assicura
un’istruzione di primo ordine, di qualità molto superiore a quella fornita in
Italia, e ciò rende la società cinese, mediamente, dotata di competenze
evolute. A questa società istruita, con ricchezze crescenti, il partito,
gestito da élite intellettualmente raffinate, non può dare solo repressione.
Quindi fornisce opportunità crescenti di lavoro, motivo per cui la
competitività cinese sia valutaria sia commerciale è mantenuta a livello di
concorrenza globale sleale, e motivi di orgoglio nazionale. Infatti il
nazionalismo diffuso mostra la capacità di mantenere la società coesa, e
favorevole al partito, nonostante l’assenza di libertà politica e welfare. Per
questo Pechino vede le Olimpiadi come uno strumento di controllo politico
interno. Migliaia di atleti cinesi giovanissimi sono stati da anni tolti alle
loro famiglie ed allenati dieci ore al giorno per selezionare dei super che
possano vincere più medaglie d’oro di qualsiasi altra nazione e così alimentare
l’orgoglio del dragone. Valuti il lettore come rispondere al messaggio olimpico
dato da questa Cina.
www.carlopelanda.com